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Immagine del redattoreMatteo Basei

Intervista a Fulvio Fantolino

Designer, Imprenditore, Architetto. Docente presso lo IED di Torino. Founder e Concept “OneApple restaurant” Torino e Montecarlo. Titolare dello studio F&FDesign.

Perché reputo Fulvio Fantolino un imprenditore di successo?

Titolare di uno dei più importanti studi di design di Torino e proprietario di due ristoranti, Torino e Montecarlo.


Nb. Con Fulvio invece, il tu è come una conquista maturata dal rispetto.


“Vorremmo partire dal racconto della sua storia professionale. In particolare potrebbe raccontarci i momenti più significativi in termini di cambiamenti di ruolo sino a giungere al ruolo imprenditoriale che ricopre attualmente. Scelga lei da dove partire nel raccontarci la sua storia…” (monitorare elementi quali età, titolo di studio, ingresso nel mondo lavorativo, ingresso passaggio a ruolo imprenditoriale, vissuti ed esperienze, storia della propria impresa)

Anziché da dove si parte, da dove siamo arrivati, proviamo a fare un punto su … come dire un mezzo piede sul lato professionale ed un mezzo piede sul lato personale. Facciamo una fotografia attuale. Dove siamo arrivati? Siamo arrivati ad un punto abbastanza importante perché è il punto massimo per certi aspetti e poi è il minimo per altri, cioè è il massimo delle cose più piccole ed è la base di partenza per le cose più grandi. Professionalmente siamo così. Intendo di dimensione, del territorio, di importanza, questa prospettiva... siamo per quanto riguarda l’architettura siamo al massimo di quel che riguarda il territorio locale. Qualunque architetto parte da una dimensione locale e poi tende ad espandersi. E.. Cosa che abbiamo già fatto ed adesso grazie ad, un pochettino grazie a questa parentesi di vita nel territorio di Montecarlo iniziano le possibilità decisamente più internazionali, per cui le cose che sono state fatte fino ad adesso, è roba un po’ più piccolina, ed adesso ci si prepara a qualcosa di un po’ più grande, di più internazionale. L’apertura del OneApple a Torino, come il penultimo passaggio prima dell’apertura del One Apple a Montecarlo. Prima ancora abbiamo lo studio F&F Architettura e Design. E prima ancora o nel frattempo l’insegnamento allo IED di Torino, in parallelo ed in divenire allo studio. Diciamo che il One Apple ha proprio da un punto di vista professionale ha... Perché. Si, da un punto di vista ne sono il proprietario ma è stato un completamento della mia visione dell’interior design a campo libero perché ero io stesso il mio cliente e quello diciamo che è un po’ una punta massima se si vuole. Ed anche come dimensioni, come importanza, e come budget è una delle cose più importanti che possono essere assorbite in un territorio come Torino o comunque di una città italiana. Dopo di che l’apertura verso il mercato Monegasco ha fatto sì che chiaramente, mi confrontassi da un punto di vista professionale con un confronto internazionale e questo ha fatto sì che siccome il lavoro è stato eseguito direi bene, il lavoro giù sta andando bene... e... questo ha aperto a possibilità. E’ passato un primo anno, il primo giro di boa ed è stato un successo. Da lì si sono aperte più strade sul piano professionale. Praticamente tutti i weekend sono giù, l’occhio del padrone, non è mai sufficiente. Mai sufficiente. Ahah Tra l’altro il OneApple è già più una parentesi di carattere personale. Diciamo. Segue un po’ la tua strada. Personale e professionale si fondono insieme.


In merito alle relazioni, alle capacità comunicative ed alle Soft Skills in genere l’esperienza in discoteca quindi le prime feste, quanto è stato determinante, quanto è stato rilevante ed è rimasto come bagaglio esperienziale, vuoi di contatti magari lavorativi, vuoi di palestra in cui si sono allenate le prime esperienze professionali?

Beh li entra in gioco più la, diciamo così, la dominante del carattere. Il mio carattere ha fatto sì che facessi quasi sempre la parte dell’attore e non dello spettatore. Perciò se devo andare ad una festa la organizzo e non mi faccio invitare. Ok questa è una grande determinante.


La prima volta che hai dovuto scegliere tra ...

Mi sono organizzato la mia carriera da organizzatore quando gli organizzatori non esistevano. Al tempo non esistevano le organizzazioni, le discoteche aprivano loro, cioè si andava nei locali per andare nei locali. Cioè io andavo dal proprietario dell’una, dal proprietario dell’altra ma la figura dell’organizzatore non esisteva, assolutamente. Si. Erano la fine degli anni ‘80, iniziavano gli universitari ad organizzarsi delle feste non più in casa. Tieni conto che gli anni ‘80 erano un periodo anche florido dal punto di vista economico, e quindi alle feste partecipavamo parecchio, e le feste in casa non bastavano più. E chi per scherzo, chi per divertimento chi più seriamente ha cominciato a chiedere a determinati proprietari delle discoteche se poteva fare delle feste. E da lì è nato tutto.


Trattasi tra l’altro degli anni pre Gegio giusto?

Ci sono… 8 anni tra me e Gegio, forse di più. Ma ti dico siamo nell’88, ‘87. Quindi credo che loro andassero alle elementari. E da lì è stata poi lunga la cosa. Perché in quegli anni li io avevo 21 anni. Stavo facendo l’Università. Facevo Architettura, ero al primo anno di Architettura. E.. Si andavo come cliente a quel tempo, chiaro che ci andavo. Però già quando andavo ti ripeto, c’è l’avevo nel sangue, e ci trovavamo al tempo davanti alla rinascente, all’epoca dei paninari, ad organizzare la serata al Pick-up. Il primo legame con il mondo del calcio è avvenuto in un incontro casuale con un ex calciatore che si chiama Francesco Coco. Che è un amico che faceva il calciatore. Ma io di calcio ne so, nulla. Lo IED sono diventato docente perché mentre facevo architettura ho fatto questa scuola che si chiamava scuola di arti applicata che era quella che mi ha insegnato a disegnare le automobili e combinazione dopo diplomato ho fatto supplenza, mi hanno chiesto di fare la supplenza ad un professore che non c’era, alla scuola di arti applicate. Per due anni ho insegnato là e poi son stato chiamato dai responsabili dello IED per aprire il settore di trasportation design che prima allo IED non esisteva. E quest’anno sono 20 anni che l’abbiamo fondato, io e altre 8 persone. E poi abbiamo ampliato anche con IED Barcellona e IED Brasile. Abbiamo aiutato a mettere giù i programmi, perché chiaramente eravamo noi che gestivamo la parte di trasportation in tutte le altre scuole che facevano capo a noi. Da un punto di vista caratteriale c’è una linea guida che unisce l’esperienza in discoteca, ho fatto lo studente faccio l’organizzatore, faccio il docente. E’ poi una cosa che ti porta a diventare libero professionista cioè è il carattere che ti porta. Da dove nasce questo aspetto del carattere non ne ho idea perché sai quello, il carattere di una persona, penso che sia un mix di componenti di quello che erediti dai genitori, quello che è l’ambiente che frequenti, al tuo personale modo di essere, quindi un mix che ognuno di noi ha. Io sicuramente ho preso la vivacità di mia mamma, questo ne sono sicuro. In modo generale. Poi altro non so.


Abbiamo parlato dei corsi di formazione alternativi all’università, PNL, crescita personale ecc. L’Università ha un po’ l’egemonia della formazione e tutto ciò che è fuori Università viene visto male dagli accademici dell’Università anche se l’Università non è che ti insegna a relazionarti a trattare a mediare a contrattare o come interpretare magari il futuro. Cosa scegliere? L’orientamento universitario penso che sia una delle cose più scadenti che abbia l’Università. Però so che in tutto questo tuo percorso tu non hai fatto questi corsi di crescita personale, però sembra che hai raggiunto dei risultati che questi corsi cercano di propinare ai propri clienti.

In un certo senso sulla falsa riga. Prima di tutto questi corsi appartengono più ad una realtà anglosassone che non alla nostra cultura, al nostro modo di pensare, magari sono tematiche che in Inghilterra piuttosto che negli Stati Uniti affronti un po’ meglio o non hai bisogno di affrontare perché sono un po’ tutti già orientati in quella direzione. Per quanto riguarda i risultati ottenuti sai per certe cose. Per quanto riguarda l’efficacia di questi corsi, come in tutti i corsi che ti vogliono insegnare qualcosa, che il lato caratteriale è quasi più legato alle attitudini personali sicuramente è difficile da standardizzare. Sicuramente può esserci una fascia che non è così propensa a questo tipo di attitudine però, c’è qualcosa di nascosto sotto che si può tirar fuori.

Cosa sono le Soft Skills secondo te?

Per quello che intendo io, sono più attitudini che in realtà parti della tua persona vera e propria.


Quanto sono importanti? Abbastanza. Abbastanza, forse un po’ più di quello che uno pensa, mi viene da dire.


E secondo te la distinzione tra Hard Skills e Soft Skills ha senso farla e porre la questione in questo modo o è una visione limitata? No… può avere senso. Può avere senso.


L’aspetto motivazionale quanto conta? Perché tra Hard Skills, Soft e l’aspetto motivazionale come si incastra tra questi due ingredienti?

Ma dovrebbe comunque intervenire su entrambi. Secondo me. Magari in maniera, con delle modalità differenti – adesso io non sono un professionista del settore – però magari con dei metodi differenti diciamo così, però per me va fatta su tutti e due.


A livello di figure formative, mentoring, insegnanti, figure professionali che ti hanno insegnato, ci sono state delle figure rilevanti dal punto di vista di mentori, anziché amici o figure di riferimento, un guru anziché una persona a cui prendevi esempio o, essendo un creativo, essendo un architetto sei sempre molto recettivo un po’ da tutto, un po’ da tutti e quindi prendi un pezzo un pezzo …

Beh questo sicuramente. Sicuramente sono iper - ricettivo. Anche una virgola di qualcosa o di qualcuno, un movimento di un qualcosa o di qualcuno mi... mi allerta e mi incuriosisce e lo studio. Però ci sono stati due o tre professori all’Università che mi hanno insegnato dei metodi di cui io ero curioso di conoscere per cui io l’ho fatto con molta concentrazione. Trattasi di materie umanistiche alla fine non progettuali, tipo antropologia culturale, tipo estetica, semantica, semiotica. Io sono molto legato a questi... psicologia, criminologia, cioè io tutto questo aspetto molto psicologico io l’ho... studiato parecchio. Mi piace l’impatto fondamentale nel lavoro che svolgo. Cioè secondo me alla fine della fiera è tutta psicologia. Cioè l’architetto, il designer ha soltanto in mano degli strumenti che combinati in una determinata maniera smuovono la psicologia delle persone.


Come definiresti quindi il tuo lavoro? Uno psicologo terapeuta, pratico sul fare?

Praticamente sì. Creare… ma poi più negli anni, mi rendo conto analizzando progetti sbagliati o progetti riusciti... c’è sempre una componente di errore nella psicologia delle persone a cui pensavi di andare ad avere a che fare. Cioè quando un prodotto industriale... va beh in architettura si vede molto l’impatto che hai sulla sociologia e quindi di conseguenza sulla psicologia. Ed anche nel mondo delle auto, i flop o i grandi successi che ci sono stati. Sono dati dall’impatto psicologico che hai sul cliente.


Qual è il tuo lavoro, come ti definiresti? Il mio lavoro è oggettivare il soggettivo. Molto psicologico, molto astratto.


Ti piace essere sul pezzo in maniera diretta o hai una struttura molto gerarchica, a cui poter delegare. No ho una struttura ma per necessità fisiche se no io controllerei tutto. Si può dire che i punti sulle i e le virgole rimangono curati indispensabilmente da... la firma la metto io. Questo è.

Quanti siete nello studio? Eh tra persone che vanno e vengono tante. Siamo una ventina di persone.


E in Torino è uno dei più grandi?

Non credo che sia uno dei più grandi e però è abbastanza grande ed abbastanza unico per il tipo di attività che facciamo. Io credo di essere stato uno dei primi ad applicare il design nell’architettura in Italia, anzi no scusami, in Italia no, sarebbe presuntuoso. E quindi diciamo che è un modo un po’ diverso di approcciare la progettazione ed ancora oggi secondo me questa traccia la si può vedere.


Ricordo di una barca, di uno Yacht che ho visto che ..

Sì io ho fatto interni esterni, collaborazioni varie con dei cantieri. L’ultima cosa abbiamo fatto degli interni per delle barche di 43 metri. Ma sono lavori che non mi… sono un po’ lontano da quel mondo. Cioè mi piace perché bisogna progettare. Più che altro la barca è un oggetto, soprattutto quella grande, è un oggetto molto molto personale, un po’ come la casa privata di qualcuno. Quindi diventa difficile soprattutto la mediazione, veramente è quasi più importante della progettazione, cioè saper mediare con il cliente.


Cosa vedi nel futuro? Vedo un bisogno fondamentale da parte dell’Italia di internazionalizzarsi.


Quindi l’inglese è determinante. Fondamentale. Assolutamente.


Stavo giusto ragionando in un certo senso sull’incertezza generazionale che se vuoi la mia generazione rispetto a quella di mio padre, questa internazionalizzazione questa apertura dei mercati, ha cambiato molto l’approccio dell’aspettativa verso il futuro, quindi fare un qualcosa motivato dall’avere l’aspettativa di arrivare da qualche parte. Questo magari lo riconoscevo nella mentalità della generazione tua, o di mia madre. (Al One Apple ti danno del Lei perché non ti conoscono o perché hanno reverenza? Ma in una riunione gliel’hai detto o è stata spontanea? Generazionalmente se si pensa in proiezione di una aspettativa futura si rischia veramente di cadere in depressione, soprattutto in una generazione in cui vai all’Università e sembra che abbia uno scopo e di essere un numero tra tanti altri studenti universitari, in un contesto globale dove Torino sicuramente non si posiziona al top, non sei allo schifo, ma sicuramente non sei... quindi cambia un po’ la logica con cui ti approcci e per cui anziché magari per trovare un approccio positivo ed anziché ragionare nell’ottica di una aspettativa, ragionare seguendo il “faccio al meglio che posso quello che ho come potenzialità”, quello che ho come quotidiana vita, senza stare a preoccuparmi di cosa potrebbe venir dopo ma concentrarsi sull’essere pronto a cogliere le occasioni.

E deve essere così. Cosa che invece io vedo che tanti ragazzi ... Io insegno da tanti anni, e ti posso assicurare che i ragazzi Italiani sono sempre meno propensi ad affrontare nuove avventure piuttosto che i ragazzi stranieri.


Perché sono più scazzati, o disinteressanti?

C’è, ci sono tante ragioni tra cui il nostro, quando noi della nostra generazione ci prendevano in giro che eravamo dei mammoni adesso lo siete molto meno ma comunque lo siete di più rispetto ad un ragazzo indiano o di un ragazzo specialmente dell’est che ha una fame, una voglia di uscire.


Mio padre è più ricco di mia nonna, mia madre sta meglio dei suoi genitori, tu immagino stia meglio dei tuoi genitori... Già io immaginarmi di dare per scontato che starò meglio, in proporzione di quanto mio padre rispetto mia nonna... la vedo già dura.

No ma ormai l’inversione di tendenza c’è stata. La generazione se la guardi da un punto di vista economico è impossibile che nei prossimi vent’anni si raggiungano degli obiettivi raggiunti vent’anni fa.


Per cui si parla di decrescita felice alla “Grillina”?

Ma decrescita sicuro, felice no. Però devo dire che sicuramente rispetto a quello che è l’importanza che davamo noi al denaro sicuramente la generazione di oggi gliene da molto meno, gli frega molto meno di quanto fregasse a me. Perché io sono nato in un ambiente in cui dove quelli più grandi di me correvano per avere determinate cose. Oggi non è più così, quindi c’è stato, c’è già un’inversione di tendenza. Ti faccio un esempio lampante di come è cambiata la società negli ultimi quindici vent’anni. Era impensabile uno scenario vent’anni fa come quello di oggi di una Piazza Vittorio con cento bar che vendono a due euro le bottiglie e tutti i ragazzini ubriachi buttati in mezzo alla strada. Per noi il sabato sera era tirarci a lucido e spendere le venti mila lire di una volta che sarebbero adesso i 10 euro di adesso, ma pensa al valore che poteva avere al tempo.

Che potrebbe essere la differenza?

Per andare a ballare… eh sarà almeno come spendere 50 euro oggi. Per andare a ballare in una discoteca bella, pulita ed ordinata. Cioè quindi è andato, ormai la direzione è quella. Ormai i ragazzi vivono di quello, lo vedo con i miei allievi. Quindi è un po’ tutto che è andato in quella direzione. Qualcuno che ha invece i genitori che in qualche modo sono riusciti a trasmettergli una voglia di fare, perché poi è più facile non fare che fare. Cioè quando passava il commendatore con la macchina bella è molto più facile tirargli pomodori piuttosto che pensare “domani mattina la voglio anche io quella macchina”. Ed esporti per farlo. Per cui è molto più facile denigrare, che pensare di superare la persona che ha ottenuto. Per cui la società di oggi è molto improntata su questo. Ma la differenza è ampia, è a 360°. Ma in tutto questo, volendo aspirare ad un successo … all’estero. L’unica è all’estero. Qua ci sono pochissimi fronti.


C’è solo forse la carriera ecclesiastica?

No, l’unica cosa che puoi affrontare, puoi andare in aziende, in società che vivono l’estero. Se tu vai alla Luxottica, la Luxottica vive l’estero e quindi se tu sei uno giusto in Luxottica sicuramente o Prada o Gucci, insomma quelle aziende che riescono a catalizzare bene che riescono a.... e quindi riescono a darti un valore. Tant’è vero che comunque ci sono dei CEO, degli AD di case straniere molto importanti che sono italiani. Ad esempio l’Amministratore Delegato della Rolex che è una delle aziende più famose e più importanti al mondo è un italiano. Il direttore del centro stile di tutti i centro stile di Volkswagen, che è l’azienda di auto più importante al mondo, è un italiano. Perché comunque questa capacità c’è, è il sistema che è attorno che non è molto competitivo.


Tu leggi molto, sei uno che legge? I titoli accademici istituzionali, Goleman, Bauman… Quattroruote! Auto.


Però sei uno molto psicologo, astratto, meditativo.

Ma si perché tutte queste cose qui, le leggi una volta nella vita. Io ho letto “Il segno” di Umberto Eco e per me, dopo che hai letto “Il segno” di Umberto Eco è inutile che leggo un romanzo, è inutile che leggo cosa mi dice un economo, è inutile che leggo altro … per me ormai è tutto inutile. Perché ci sono ... ti leggi un libro di Herman Hess, ti leggi un libro di Umberto Eco ed hai... Tutto il resto, non dico che è noia, ma è un livello decisamente più basso. Perché comunque fa parte di cose pratiche fa parte di cose auliche.


Dovendo consigliare ad un giovane... Se ha un minimo di passione, di seguire la passione che ha. Qualsiasi essa sia.


Anche se ciò va in contrasto con qualunque cosa ...

E’ l’unica cosa che ti può salvare. E’ l’unica cosa che ti mette un paletto, un obiettivo e raggiungi quella cosa li.


Nelle figure di crescita potremmo riconoscere il maestro come colui che ti insegna a vivere, il coach come colui che ti allena che ti sta affianco, il trainer colui che ti fa fare un weekend e ti fa aprire gli occhi su certi aspetti, lo psicologo, psicoterapeuta, psichiatra, esageriamo però colui che ti cura volendo ... Insieme a tutte le altre figure di medici, l’insegnante e o le figure genitoriali, in tutto questo quali di queste figure ha avuto più rilievo per te?

Un po’ tutte hanno avuto un effetto, sicuramente... E’ stato importante averle tutte. Poi io sono molto una persona che crede nell’eclettico quindi io sono uno che odia molto il monotematico, nel senso che non ti aiuta a crescere in nessun modo, quindi a me piace nutrirmi di ... dico sempre che è bellissimo un viaggio a Miami, ma è altrettanto bello un viaggio a... Nel posto più sgualfo della faccia della terra. Per cui tutte hanno avuto un ruolo importante, devo dire che i docenti Universitari, quelli culturalmente veramente molto preparati, quelli che conoscono veramente determinate chiavi di lettura del mondo professionale sono sempre stati i più importanti di tutti. Mi hanno dato proprio un modo di ... Un metodo ed un modo di vedere le cose che volevo avere ma che in quel momento non avevo, cioè mi hanno insegnato. Secondo me sono importanti tutte quelle persone che ti insegnano qualcosa che tu prima non sapevi, o che comunque non immaginavi. Quindi partiamo dall’imparare le Hard Skills e dopo concentriamoci sulle Soft Skills in un certo senso, facciamo esperienza tramite le conoscenze acquisite tramite le Hard Skills. Secondo me, se hai la fortuna, beh e devi essere un recettore molto forte. Devi avere da una parte la fortuna di incontrare queste persone ma dall’altra parte devi essere molto recettivo. Al corso di antropologia culturale abbiamo iniziato in cento ed abbiamo finito in otto. Gli altri 92 non gliene fregava niente, per cui capisci, bisogna avere fortuna di voler recepire certe cose.


Per te cosa vuol dire essere ricchi? Sia a livello quantitativo che qualitativo. Ma stiamo parlando di economia?


Quanto sul conto in banca e sia sul piano in generale.

Ma ricchi purtroppo e per fortuna io ho conosciuto dei mondi dove la ricchezza non ha limiti, quindi è impossibile dire che uno è ricco in maniera assoluta.


Mondi tipo? Si parla di Emirati Arabi?

Ma non solo quello, cioè nel senso anche in Italia, non c’è bisogno di andare tanto lontano. Non è mai sufficiente la cosa. L’altra volta parlavo proprio con un mio amico e lui mi diceva, ah tu sei ricco. Io non sono ricco, io ho sufficiente soldi per godermi la vita, la mia. Punto. Nel senso per le cose che io voglio fare, che voglio raggiungere. Che poi tanto non puoi diventare. Però per quello che mi serve va bene così. E’ un valore relativo che te lo devi confrontare con te stesso, non puoi confrontarti con gli altri perché non è proprio possibile. E..


Sul conto in banca invece? Sul conto in banca. Quelli che ti sono sufficienti per avere.


Una cifra? Un target?

No.. Come fai? E’ impossibile! Proprio è una cosa completamente impossibile. Proprio cioè anche sbagliata mettersi a ragionarla in quel modo. Non puoi, è impensabile. Perché già soltanto da Torino ad Alessandria cambia, dal centro alla periferia cambia, da quello che fai e sicuramente ci sono delle soglie di povertà, quello sì. Sicuramente uno che oggi guadagna 600,00 € al mese, non può. Fa’ fatica a vivere. Chi guadagna 5.000,00 € al mese potrebbe essere ricco ma potrebbe non essere assolutamente ricco. E’ assolutamente troppo relativo.


Le persone che lavorano per te le assumi tu? Si sì sì, le assumo io.


La prima cosa che guardi diciamo nel criterio valutativo o nella selezione? E’ empatia personale. Quello che sento.


Quindi tra virgolette, in un certo senso le Hard Skills vengono date un po’ per scontato nella fase di colloquio, ovviamente c’è una pre-selezione importante che ti ha portato a scremare ed arrivare ad un certo livello, certo, ma comunque la valutazione finale viene un po’ fatta su quelle che sono le Soft Skills?

Si, è esattamente quello il percorso.


A te piace assumere le persone oppure.

Si io assumerei tutti. Io non ci fosse questo governo di merda io assumerei 100 persone. Il mio sogno sarebbe veramente di avere. Poi sai specialmente quando dopo un anno che faccio la tesi con i ragazzi che li vedo crescere, me li porterei tutti in ufficio a fare progetti a… Ma non è questo il paese in cui puoi fare queste cose purtroppo. Però. Mi piacerebbe veramente tanto, si si tantissimo. Ma fossi un miliardario che ha milioni e milioni di euro da buttare nel gabinetto farei un ufficio gigante solo per far lavorare tutti. Quello mi piacerebbe tanto. Però, ci va un bel po’ di grana per far lavorare tutti.


In merito al massimo delle cose grandi, dove pensi di arrivare?

No è. Una domanda impossibile. Anche perché poi ti accorgi che nel corso della vita ti accorgi che cambiano anche non è che se le cose le vuoi sono. Ogni tanto vedo dei video di questi ragazzi che ballano per la città di New York e ogni tanto mi viene da lasciare tutto ed andare nella città di New York e andare a ballare per la strada. Cioè non è… questo fa parte anche molto del carattere, del settore, della creatività eccetera eccetera, magari io fossi un manager avrei un modo diverso di.

Tu sei cresciuto con delle grandi aspettative o…

Con delle grandi voglie. La forza trainante era la voglia. Il resto è stata una conseguenza del fare le cose fatte bene. Quello è.


Nel rapporto con i soci, quanto sono determinanti le Soft Skills?

Molto. Il rapporto... No. E’ molto difficile, io ho solo soci al “One Apple”, e basta. Stesso socio sia qua che su Montecarlo, che poi si va d’accordissimo però non è facile. Perché comunque problemi ci sono sempre. I problemi sono che poi la vita di tutti i giorni anche perché tu fai mille cose, non tutti i giorni puoi parlare, puoi interagire per E sicuramente se ci fosse più tempo potresti gestire meglio le cose. E poi che comunque sai che caratterialmente ognuno affronta sempre le cose a modo suo. Ed anche se ti dividi i compiti comunque poi ognuno le affronterebbe in maniera diversa. Non è una situazione facile, chi riesce a fare delle società che durano tanto io li ammiro. Adesso One Apple Torino siamo già da tre anni, Montecarlo uno.


Il più grande trauma o il più grande... io ti vedo molto fresh, molto tranquillo, un mio amico mi diceva quando li vedi troppo tranquilli è perché ci piace molto come sono arrivati a... Ma scavando un po’ c’è sempre stato un po’ un qualcosa che ha spinto...

Beh trauma sì. Trauma adesso che mi ricordo c’è l’ho avuto da piccolo quando andavo alle superiori quando mio padre, che adesso è un pezzo di pane con me, mi insultava malamente perché comunque sono stato bocciato due volte alle superiori, per cui quindi… si può diventare insegnanti anche se si rimane bocciati, si sono stato bocciato per questioni caratteriali e non per questioni diciamo così legate all’andamento scolastico, però quello è stato abbastanza determinante. Perché mi son veramente incazzato, mi son incazzato con me stesso e mi son dato del cretino e poi il modo in cui reagisci a certe cose fanno sì che prendi o una strada o totalmente l’altra. Come le interpreti le cose. Io siccome volevo dimostrare che non ero sicuramente un deficiente ma ero solamente un cretino, mi sono impegnato e quella è stata una mazzata abbastanza grossa, soprattutto quando sei piccolo così. E poi ... Bah, poi diciamo che io ho fatto praticantato quando ancora andavo in quarta superiore, quando ho iniziato a lavorare, già come architettura. Lavoravo da un mio professore e lui mi insultava da mattina a sera, avevo discussioni forti con lui e quindi questa cosa qui mi ha ... La reazione a questa cosa qui è stata ... Che mi ha fatto incazzare. (Con determinazione e senza distrazioni a dimostrare di farcela). Mi ha fatto veramente incazzare e quindi poi mi son comprato il suo studio, poi dopo. Quindi è la reazione che hai. Sono state due storie molto importanti per me, adesso siamo diventati grandi amici. Però poi altre cose, e poi ci sono tutte le volte che ti poni difronte, ci son dei microtraumi, che sono poi quelli che ti fanno crescere tanto sul lavoro. La prima volta che ho lavorato per Volkswagen, essendo abituato agli standard FIAT, mi hanno massacrato, quindi... Tutte queste cose qui fan sì che tutte le volte quasi devi ricominciare da capo, però alzando l’asticella tutte le volte. E non puoi alzare l’asticella con le cose positive. E’ una conseguenza poi la cosa positiva, perché hai alzato l’asticella e hai fatto bene e quindi la cosa positiva ti mantiene e poi alzi e devi fare un’altra cosa positiva.


E i rapporti carriera, passione, fai quel che ti piace e una relazione con una donna è uno stimolo un sostegno a crescere o diventa difficile a… farlo combaciare? Per me diventa impossibile.

Vent’anni fa mi avresti risposto...? No, mi sa che ti avrei risposto esattamente così. E’ una scelta di vita che fai.

E questo è un aspetto di vita caratteriale o può essere generalizzato in un certo senso? Ma allora, è abbastanza comune questa cosa, perché non è proprio facile. In più l’aspetto caratteriale mio che sono completamente indipendente fa sì che appena qualcuno mi dica ma tu dovevi ... Ok, finito. Cioè non ce la faccio proprio, per ragioni ovvie ... Non è neanche giusto che una persona subisca le mie cose.


INDAGINE VALORIALE Dando un punteggio da 1 a 10 quali valori son determinanti per l’ottenimento del successo? Cosa potremmo aggiungere per completare la tabellina?


Onestà 10

Un punteggio molto alto, perché tanto poi alla fine non c’è niente da fare, è proprio una legge della natura.


Umiltà 10

Non so se è un valore ma deve essere una qualità


Non invidiare mai nessuno 10

E poi bisognerebbe, aver la capacità di non invidiare nessuno. Ed è una cosa molto difficile, l’invidia crea dei... genera dei meccanismi autodistruttivi. L’invidia è una cosa che ti... guardare agli altri per prendere spunto, per ispirarsi. Ammirare, non ammirare, decidere che cosa prendere, accettare, rifiutare. Ma mai invidiare. Cioè mai l’invidia, è un sentimento che ti porta proprio a non ragionare. Un po’ come la gelosia, sono quei due sentimenti che ti portano a non ragionare, ad annebbiare la ragione e non riesci più a focalizzare niente. Sempre incentrati sulla propria chiave, sulla cosa che piace, di cui si ha la passione, certo non devi essere invidioso di ma devi se vuoi ammirare, se no dire caspita mi piacerebbe. Se parti invidioso parti con un aspetto negativo e non riuscirai mai ad arrivare a quel che volevi. Infatti professionalmente non bisogna mai parlare male degli altri. Anche se lo pensi è una cosa che deve rimanere in te.


Rispetto 10

Il rispetto ci deve essere, rispetto per qualsiasi cosa.


Passione 10

Seguire la propria passione, forse quello che dicevo prima, perseguire sempre la propria passione.

Se avessimo fatto le stesse domande vent’anni fa secondo te avremmo risposto allo stesso modo o ci sarebbero state…

ma forse vent’anni fa avrei detto cose un po’ più scontate tipo la famiglia, queste cose qua’. Che sono cose importanti, ci mancherebbe ma sono cose meno profonde. Più normale, e poi è chiaro che il valore della famiglia è un valore che a me piace moltissimo, però è un altro discorso, fa parte di un'altra cosa. E poi in merito a questi corsi di formazione e crescita personale, sono una cosa molto di nicchia.


Io non potrei mai star seduto a sentir qualcuno che mi dice cosa devo fare.

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